Essere informati per essere consapevoli e combattere in prima persona le proprie battaglie. La storia di Angela

Un chiaro esempio di quello che abbiamo fin qui detto è rappresentato dalla storia di Angela, giunta in reparto oncologico con una febbre altissima, priva di forze e in uno stato di completa impotenza.

Angela, nei tempi precedenti, aveva collezionato una serie di dimissioni dal Pronto Soccorso nonostante la presenza di segnali e sintomi inequivocabili avrebbe dovuto suggerire un immediato ricovero per impedire la progressione della malattia, ma quando finalmente la cosa si verificò, la leucemia aveva compiuto tanti e tali passi in avanti da togliere qualsiasi speranza; a tal punto che il giorno successivo a quello del ricovero Angela entrò in coma.

Ma la voce di un giovane medico, che la informò con parole semplici e gentili circa la gravità della sua situazione, furono la leva che portò la donna a reagire fino al punto di venire dimessa dal reparto.

Durante un incontro Angela mi raccontò dell’esperienza drammatica vissuta in oncologia, dettata in parte dalla propria condizione e in parte da ciò che vedeva intorno a sé.

Mi parlò di tutte quelle giovani donne che si abbruttivano giorno dopo giorno; mi parlò dei capelli che cadevano, delle labbra che si spaccavano, delle gengive che sanguinavano… mi parlò di come il carattere delle persone mutava, portandole verso un sentimento di rabbia nutrito nei confronti di chi stava bene e, infine, mi parlò della rassegnazione nella quale la morte veniva vista come l’unico percorso verso una pace tanto agognata.

Angela mi disse che lei non voleva fare quella fine.

Sì, perché nonostante al momento del ricovero si trovasse in uno stato di prostrazione totale, aveva maturato la convinzione che sarebbe guarita, e lo aveva fatto grazie alle rassicurazioni che un giovane medico le aveva fornito.

Le aveva detto di stare tranquilla; stava male, è vero: la leucemia è una belva che azzanna senza pietà, ma lei si trovava nel posto giusto.

Lì si sarebbero occupati di lei.

In quel reparto l’avrebbero curata combattendo al suo fianco fino a confinare la belva in un angolo; lì le avrebbero consentito di uscire sulle proprie gambe.

Non le mentì circa il fatto che il percorso da affrontare sarebbe stato lungo e non certo indolore, ma si pose di fronte a lei con un atteggiamento di empatia tale che Angela gli credette. Gli dette fiducia.

E quella fiducia fu il sostegno che, unito alle cure dei medici e alla costante attenzione del suo compagno di vita, le permisero di affrontare la leucemia alla luce di due nuove stelle chiamate consapevolezza e speranza.

Angela, quando la incontrai, era di nuovo una donna piena di vita.

dal libro Paziente Preparato Paziente salvato

Condividi su