In uno dei nostri incontri di maggio ci viene a trovare una quarantenne con occhi vivaci e belli che spiccano fra la mascherina ed i capelli.
Inizia a raccontarci la sua storia.
Dopo che i medici le avevano diagnosticato un nodulo al seno, la quarantenne aveva deciso di accettare la via chirurgica.
“Meglio prevenire, o il nodulo potrebbe degenerare”.
L’operazione era andata come pianificato: i bravissimi chirurghi avevano fatto bene il loro lavoro, eradicando completamente il nodulo, con la conseguenza di un’unica, minuscola, cicatrice.
La donna aveva l’illusione di poter mantenere il suo seno, a cui tanto teneva.
Il giorno dopo però si era presentata la febbre e il dolore sulla ferita: era un’infezione. Una di quelle che si trovano in ospedale. Una di quelle causate dalla noncuranza dei protocolli e delle azioni preventive.
La donna aveva perso prima il capezzolo e poi tutta la mammella, arrivando a rischiare la vita, a cui era rimasta aggrappata grazie alla sua grinta, dopo lunghe e pesanti terapie che non hanno risarcito le ferite dentro lei.
Sul finire dell’incontro, con gli occhi che si fanno più lucidi ma con voce decisa, confessa che dopo l’intervento non ha avuto più rapporti con il suo compagno.
Non è più andata in palestra ed anche quando è vestita e si sente guardata, consapevole di avere un fisico snello e ben modellato.. si sente stringere il cuore e spesso piange anche se si trova in strada fra la gente.
Si è salvata da un possibile futuro cancro ma è rimasta vittima di infezione nosocomiale per colpa e responsabilità dell’ospedale che non è stato in grado di far rispettare quelle regole che tutelano i pazienti ricoverati.
Continuerà a vivere, prenderà un risarcimento, sa che nessuno le darà tutto quello che l’infezione le ha tolto.
Insiste a chiederci se la sua azione servirà a far rispettare le regole ai sanitari dentro gli ospedali. Consapevole delle sue sofferenze, vorrebbe evitarle ad altri.